Gheppio e Sparviere

 “Anche se non voli, anche se non sei appollaiato, l’aria è tutt’intorno a te: che cos’è che ti tiene immobile, impedendoti di cadere?” scrisse in The hawk il poeta W.H. Davies (1871-1940) riferendosi ad una caratteristica del volo del Gheppio: quella di librarsi in volo, riuscendo a  rimanere perfettamente sospeso a mezz’aria sembrando quasi immobile!

Esperto del volo sospeso, questo splendido rapace è da sempre oggetto di ammirazione per la sua abilità nel volo e nella caccia occupando un posto d’onore nelle opere letterarie. Viene citato persino da William Shakespeare nella “La dodicesima notte” e da Eugenio Montale nel componimento “L’estate”.

Il Gheppio (Falco tinnunculus) appartiene alla famiglia dei Falconidi come indicato dallo stesso nome scientifico che deriva dal latino falcis e che significa “della falce” riferendosi alla forma delle sue ali. Questa caratteristica lo contraddistingue da una seconda famiglia di rapaci, gli Accipitridi che invece possiedono ali a forma di ventaglio e di cui lo Sparviere ne è un famoso componente. Il nome della specie tinnunculus, invece, significa “piccolo suonatore di campane” e non si riferisce ad una caratteristica fisica come la trasformazione poetica del suo stridulo verso, ma piuttosto sembra riferirsi ad un suo comportamento. Nidifica in una grande varietà di ambienti aperti e semi aperti su alberi e pareti rocciose ma anche nelle città e nelle campagne prediligendo vecchie costruzioni in pietra come ruderi e campanili. Da quest’ultimo luogo di nidificazione sembra essere derivato il suo nome scientifico ma anche il suo nome tedesco Turmfalk che significa per l’appunto “falco del campanile”.

Questa specie possiede un vero “occhio da falco” riuscendo a scorgere un insetto da una distanza di 50 metri ed un piccolo topo anche da 300 metri! Inoltre sembra che riesca a percepire persino la luce ultravioletta,  un’arma in più nella caccia dei topi campagnoli che rende visibile l’urina utilizzata per delimitare il loro territorio, per tracciare il percorso per raggiungere le riserve di cibo e per segnalare la predisposizione all’accoppiamento. Nonostante si nutra di piccole prede e sia un perfetto controllore del numero dei roditori, la maggior parte degli abitanti della campagna hanno da sempre guardato gli uccelli predatori come una minaccia per se stessi e per i loro animali. Una cattiva e immeritata fama che ancora oggi in alcune zone non riesce ad essere estirpata e che in passato causò l’avvelenamento, la cattura e l’uccisione di migliaia di esemplari. Anche se oggi la verità scientifica è arrivata a molti orecchi, cambiando l’approccio negativo che l’uomo aveva verso i rapaci, sono ancora diverse le minacce “umane” che il Gheppio si trova ad affrontare ogni giorno. Il bracconaggio e la cattura o detenzione illegale di nidiacei e adulti (la detenzione della fauna selvatica è illegale in quanto patrimonio indisponibile dello Stato), l’impatto con gli autoveicoli, cavi sospesi ed elettrodotti, l’avvelenamento da topicidi e pesticidi assimilati attraverso l’ingestione delle loro prede (topi ed insetti) ed accumulati in dosi elevate nel fegato e nei reni sono alcune delle cause di ricovero che hanno riguardato gli oltre 90 esemplari appartenenti a questa specie, accolti dal 2001 al 2007, presso il Centro Recupero per la Fauna Selvatica LIPU di Casacalenda (CB) nato grazie alla collaborazione con la Provincia di Campobasso, chiuso da aprile 2013 per mancanza fondi.

La femmina è più grande e robusta del maschio raggiungendo massimo i 35 centimetri di lunghezza ed il peso di circa 300 grammi. La colorazione del piumaggio è bruno-rossastra nelle femmine, con strisce e screziature nere e marroni, mentre il maschio color ruggine si differenzia soprattutto per il grigio-bluastro della testa, del collo e della coda.

Dimensioni quasi simili caratterizzano la femmina dello Sparviere (Accipiter nisus), anch’essa più grande del maschio e con una colorazione del piumaggio differente: dorso grigio scuro e parte inferiore chiara con screziature arancio-marroni nel maschio, screziature grigie e dorso marrone scuro nella femmina.

Il suo nome scientifico deriva dal latino accipio = afferrare riferendosi alla caratteristica, tipica di tutti i rapaci, di afferrare le prede con le zampe. Il nome nisus, invece, potrebbe riferirsi al nome di un personaggio della mitologia greca: Niso, re di Megara e padre di Scilla, che ne le “Metamorfosi” di Ovidio viene trasformato in aquila marina.

Nidifica nei boschi e ama cacciare soprattutto fra i rami le sue 2500 prede l’anno che corrispondono a circa 30 kg!  Grazie alla sua agilità nel volo e alla vista eccellente, che gli riesce a far notare il più piccolo movimento anche da 200 metri di distanza, questa specie rimane appostata per lungo tempo prima di lanciarsi a capofitto sulla sua preda che mangia a piccoli bocconi dopo averla accuratamente ripulita dalle penne (nel caso si tratti di un uccello).

Ispiratore di diverse leggende e scritti letterari è anche il protagonista di una favola morale di Esopo “L’usignolo e lo Sparviere” dove la preda catturata implora al rapace di lasciarla andare perché troppo piccola per placare la sua fame e dove le viene risposto che è meglio qualcosa di piccolo e reale da mettere nello stomaco anziché la vana speranza di riuscire a catturare una preda più grande. 

Condivide con il Gheppio gli stessi pericoli e minacce ma si è dimostrato molto più sensibile ai pesticidi e ad altre sostanze inquinanti che, intorno alla seconda metà del secolo scorso, fecero registrare un vero e proprio crollo della sua popolazione.

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”

Due specie a confronto