Per gli uccelli, per la natura, per la gente

 

 

 

 

 

 

Il sito della LIPU del Molise

Essere un Colibrì

Questa volta voglio raccontarvi una storia, la storia di un colibrì che è riuscito a curare le ferite della Terra portando delle piccole gocce di cambiamento. Questo piccolo ma al contempo grande colibrì si chiama Wangari Muta Maathai ed è una delle donne che hanno fatto la differenza nel mondo. Nata il 1° aprile del 1940 nel piccolo villaggio di Ihithe, nella regione montuosa centrale del Kenya, Wangari Muta Maathai è oggi conosciuta nel mondo come la donna che ha piantato gli alberi (40 milioni solo in Kenya attraverso il Green Belt Movement che ha lei stessa fondato) e che nel 2004 è stata insignita del premio Nobel per la Pace dovuto al collegamento che il comitato aveva tracciato tra pace, gestione sostenibile delle risorse e buongoverno:

“Nel cercare di spiegare questa connessione, fui ispirata da un tradizionale sgabello africano che ha tre gambe e un sedile leggermente concavo. Secondo me, le tre gambe incarnano i tre pilastri fondamentali delle società giuste e stabili. La prima rappresenta lo spazio democratico, dove i diritti vengono rispettati, che si tratti di diritti umani, delle donne, dei bambini o dell’ambiente. La seconda simboleggia la gestione sostenibile ed equa delle risorse. La terza incarna la cultura di pace che viene deliberatamente coltivata all’interno delle comunità e delle nazioni. Il sedile rappresenta la società e le sue prospettive di sviluppo. A meno che tutte e tre le gambe siano al loro posto a sostenere il sedile, nessuna società può prosperare. Né, tanto meno, i suoi cittadini possono sviluppare le loro capacità e la loro creatività. Quando una delle gambe manca il sedile è instabile, quando ne mancano due è impossibile tenere in piedi qualsiasi Stato, e quando nessuna delle tre si trova al suo posto lo Stato è uno Stato fallito. Lo sviluppo non può avvenire in un Paese di questo genere e, anzi, possono nascere solo conflitti”, scrive Wangari nel suo libro “Solo il vento mi piegherà” dove racconta la sua vita, i suoi pensieri, la storia e i grandi cambiamenti avvenuti nel tempo analizzandoli attraverso la sua esperienza personale e quella della comunità in cui vive. Una storia di donne, diritti, soprusi, violenze, sofferenza, lotte ma anche di speranza, solidarietà, amore, vittorie. Una storia che fa comprendere come sia stata molto di più di una donna che piantava gli alberi e che, nonostante la sua scomparsa, continui ad essere e ad ispirare moltissime persone e attivisti nel mondo nel campo dei diritti delle donne, dell’ambiente, nella pace e nel buongoverno.

Quando voglio ricordare a me stessa lo sforzo che dobbiamo compiere per rigenerare la Terra e per la tenacia di cui necessitiamo per far fronte all’indifferenza, penso al colibrì. Può sembrare singolare, dato che molti di noi vedono questo uccellino come una creatura minuscola, delicata, volubile e sfuggente. Ma la storia del colibrì, raccontatami per la prima volta dal professor Suju in Giappone, suggerisce un’interpretazione molto diversa. La storia comincia con un enorme incendio che scoppia e si propaga nella foresta. Tutti gli animali, grandi e piccoli, scappano al limitare del bosco e si fermano ad osservare le fiamme. Tutti tranne un colibrì. “Farò qualcosa per spegnere l’incendio”, dice il minuscolo uccellino. Vola vicino al torrente più vicino e si tuffa nell’acqua. Si risolleva poi nell’aria portando nel becco una perla d’acqua che lascia cadere nelle fiamme. L’incendio divampa, ma il colibrì continua a volare al torrente e a tornare con una goccia d’acqua nel becco, convinto che quell’azione farà la differenza. Nel frattempo gli altri animali, alcuni dei quali con lunghe proboscidi e grandi bocche, come l’elefante, la giraffa, il leone e il leopardo, ridono della minuscola creatura. “Ma che cosa credi di fare?” lo scherniscono. “Sei solo un colibrì. Lo vedi quanto è esteso l’incendio. Pensi davvero di poter fare qualcosa di buono?” Senza sprecare tempo e stanco delle parole scoraggianti e della loro inazione, il colibrì si volta verso gli altri animali mentre si prepara a tornare al fiume esclama: “Sto facendo del mio meglio!”. A prima vista sembra assurdo che un minuscolo colibrì, trasportando poche gocce d’acqua nel becco possa condizionare un enorme incendio nella foresta. Ma, chiaramente, non è quello il senso della storia. Le lezioni che possiamo trarne sono queste: il colibrì sta lavorando al massimo delle sue capacità per il bene più grande di tutti gli altri animali e della foresta. Se gli animali più grandi dessero un contributo ai suoi sforzi, il risultato sarebbe di gran lunga migliore, ma sono troppo occupati a deridere il colibrì per il suo impegno o a piangere per la disperazione. La loro inerzia amplifica solo la fatica dell’uccellino. La morale più ampia della storia è che non si raggiunge nulla senza fare sforzo. Come recita la massima attribuita al maestro cinese taoista Lao Tzu: “Un viaggio di mille miglia inizia con un solo passo”. Magari è vero che la situazione è disperata e che il colibrì da solo non potrebbe mai spegnere un incendio. E probabilmente, anche se tutti gli animali collaborassero con lui, non riuscirebbero a sconfiggere le fiamme. Ma potrebbero spegnere parte dell’incendio e quindi limitare i danni della loro casa. E ciò che è assolutamente certo è che non lo sapranno mai se non proveranno. Dobbiamo prendere i nostri piccoli becchi e trasportare qualche goccia d’acqua (quella goccia di cambiamento) dove è necessaria, e continuare a farlo, a dispetto di ogni previsione. Magari ci attireremo il disdegno, il dileggio o l’indifferenza di quelli più potenti di noi. O magari incoraggeremo altri a fare un passo avanti e seguirci. Non lo sapremo mai finché non abbandoneremo la nostra inerzia e daremo agli altri l’energia per agire. Alla fine, tutto quello che siamo chiamati a fare è il nostro meglio”.

Continuando a dare sempre il massimo di sé, a dispetto dello scherno, della demoralizzazione, senza dar peso a disfattisti e criticoni, senza alzare le braccia davanti all’orrore, alla disperazione, alla impotenza, ma correndo e volando a fare qualcosa invece di nascondere la testa sotto la sabbia, di fuggire o di nascondersi pensando di poter sfuggire alla realtà, contro tutte le previsioni, Wangari Muta Maathai è stato un colibrì che è riuscito a spegnere parte di alcuni incendi sulla Terra e che ha alimentato e continuerà ad alimentare i piccoli corsi d’acqua del cambiamento.  Grazie Wangari !

 

La donna che ha piantato gli alberi

Storie vere di un mondo migliore

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”