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Il sito della LIPU del Molise

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”

Alberi

I nostri antichi amici

La Conferenza di Bali sui cambiamenti climatici, promossa dalle Nazioni Unite (dicembre 2007), ha dato inizio ad una fase fondamentale per la lotta internazionale al riscaldamento globale: 192 paesi membri si sono formalmente impegnati per un nuovo accordo globale, poiché è necessario ed urgente stabilire quali sono gli obiettivi da raggiungere dopo il 2012 (entro tale anno l’Italia deve ridurre del 20% le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990) soprattutto dopo quanto affermato dall’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) sul riscaldamento globale che raggiungerà livelli allarmanti in questo secolo a meno che le emissioni globali in continuo aumento non siano ridotte drasticamente, rapidamente e realmente. I prossimi accordi si baseranno sulle ultime scoperte scientifiche e su dati aggiornati e, secondo l’Unione Europea, dovranno puntare a limitare il riscaldamento globale entro i 2°C rispetto alla temperatura preindustriale. È stato scientificamente dimostrato che un aumento maggiore produce cambiamenti irreversibili e disastrosi per l’ambiente (ma anche per l’uomo) e che, se continuiamo ad aumentare le emissioni al ritmo attuale, nel 2100 avremo raggiunto un aumento di temperatura tra i 4 e i 6,4°C. Contenere gli aumenti intorno ad una media di 2°C significa ridurre le emissioni globali di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Un obiettivo che è possibile raggiungere senza grossi sacrifici e che vede impegnati in prima linea i paesi industrializzati in quanto responsabili della maggioranza delle emissioni globali.

A Bali è stata riconosciuta anche una priorità fondamentale e cioè quella di sviluppare incentivi per aiutare i governi, soprattutto quelli delle regioni tropicali, a ridurre la deforestazione che è responsabile di circa il 25% delle emissioni globali. Per risolvere il problema del riscaldamento globale, il Premio Nobel per la pace Wangari Maathai ha proposto di piantare un miliardo di alberi in un anno. Questa iniziativa permetterebbe di immagazzinare, negli alberi, 250 milioni di tonnellate di CO2 pari a 250 chilogrammi per pianta. L’American Forestry Association ha valutato in circa 57.000 $ il valore globale di un albero urbano di circa 50 anni di età per le sue numerose funzioni che variano con l’età e la specie. Gli alberi quindi rivestono un ruolo fondamentale anche nelle aree urbane grazie alle loro:

- Funzioni ambientali: assorbimento di CO2 (una pianta di 23-30 cm di diametro assorbe annualmente circa 30 kg, rilasciando ossigeno necessario alla vita di 10 persone), miglioramento della qualità dell’aria (riassorbimento degli inquinanti come ozono, polveri sottili, biossidi di azoto, anidride solforosa, ecc.), depurazione delle acque, riduzione dell’inquinamento acustico (fasce di vegetazione lungo le strade possono ridurre i rumori del 70-80%), mitigazione climatica (attraverso la traspirazione le piante refrigerano l’aria, un albero è in grado di traspirare circa 400 litri al giorno).

- Funzioni ecologiche: tutela della biodiversità locale, costruzione di reti ecologiche urbane e periurbane.

- Funzioni economiche: risparmio energetico (riduzione delle spese di condizionamento del 10-50%), maggiore valore degli edifici (fino al 15%), diminuzione spese sanitarie per i benefici alla salute psico-fisica (la semplice visione della vegetazione riduce il battito cardiaco e favorisce l’abbassamento della pressione mentre un malato guarisce più velocemente se vede alberi anziché cemento), promozione della mobilità sostenibile (non motorizzata) grazie allo sviluppo di una rete di “green- ways”.

- Funzioni sociali:  elemento estetico-paesaggistico, opportunità di svago, incontro, attività culturali e sportive, ripristino del contatto quotidiano con la natura, ruolo educativo (l’osservazione e lo studio della natura possono aiutare a creare un atteggiamento più rispettoso nei confronti dell’ambiente).

Purtroppo tutte queste funzioni non sono conosciute e non vengono valorizzate e potenziate, spesso a causa di una cultura distorta che fa vedere queste presenze indispensabili e benefiche come creature ingombranti, pericolose e sporche.

La stessa gestione del verde urbano evidenzia questa cultura distorta, infatti, la situazione tipica nelle città italiane è quella di gestire il verde urbano in modo errato e non sostenibile. Un esempio sono le chiome potate drasticamente causando la perdita delle funzioni ecologiche e paesaggistiche, gli interventi condotti sistematicamente su interi filari e i numerosi abbattimenti per scelte urbanistiche discutibili come la costruzione di strade, edifici e parcheggi. Nelle città europee e in pochi rari casi italiani come Trieste, per esempio, possiamo invece notare una gestione corretta e sostenibile del verde urbano con la presenza di molti alberi e aree verdi, chiome lasciate libere di svilupparsi ed interventi (potature, trattamenti, ecc.) solo su alberi e rami che ne hanno davvero bisogno.

Per migliorare la qualità urbana oggi è necessario individuare una via di sviluppo che sia sostenibile per l’ambiente, l’economia e la società soprattutto in vista dell’alto tasso di crescita delle aree urbane e della popolazione urbana in tutto il mondo che, in Europa e in Italia, è stata calcolata del 70-80%. Pertanto tutelare gli alberi e le aree verdi, gestire correttamente e in modo sostenibile il verde urbano, assumeranno un ruolo sempre più significativo per contenere problemi quali inquinamento, rumore, traffico, rifiuti, delinquenza, disagio e riscaldamento globale.

Il direttore del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, Achim Steiner, ha dichiarato “I cittadini possono piantare alberi: è un modo di agire che offre benefici insostituibili”. Noi che cosa aspettiamo?