Taccola e Cornacchia grigia

“D’un tratto nel pezzetto di cielo visibile dalla mia finestra piombano giù dall’alto una dozzina di proiettili neri dalla forma aerodinamica. Grevi come pietre cadono giù fin quasi la cima degli alberi, poi all’improvviso dispiegano delle grosse ali nere e si trasformano in uccelli”, descrive così l’etologo Konrad Lorenz, in “L’anello di Re Salomone”, le giocose acrobazie aeree delle sue “perenni compagne”: le taccole. Il “padre” dell’etologia (scienza che studia il comportamento animale) affascinato dall’evoluta vita familiare e sociale della Taccola, caratteristica presente in pochi uccelli ma anche in pochi animali, osservò e descrisse approfonditamente i suoi comportamenti: arguzia, forte capacità di apprendimento e ad imitare suoni e versi, vita sociale intensa e gregaria che permette lo scambio di informazioni tra i diversi componenti, sono alcune delle particolari caratteristiche di questa specie. Famosa già ai tempi degli antichi Romani, la Taccola (Corvus monedula) veniva chiamata “Moneta” probabilmente poiché accusata di essere una piccola ladra di monete e oggetti luccicanti. Fama rafforzata da Ovidio ne “Le Metamorfosi” dove nel libro VII narra dell’avida principessa Arne che consegnò la propria terra a Minosse, Re di Creta, in cambio d’oro ma, dopo averlo ricevuto, venne mutata in Taccola (un uccello che continuò ad amare l’oro). Reputazione che viene ripresa anche dal significato del suo nome monedula = moneta. Questa specie può raggiungere i 34 centimetri di lunghezza e un’apertura alare di 74 centimetri, arrivando a pesare massimo 270 grammi. Sia il maschio che la femmina possiedono una colorazione simile: becco robusto, zampe e piumaggio nero, quasi lucido, con parti grigie sulle guance ed intorno al collo. Gli occhi sono occhi chiari, bluastri nei giovani e ispirarono anche questi versi di un poeta sud-africano del ‘900 “vedessi il blu intenso negli occhi di una giovane taccola, più tenera della tenerezza” (da A young jackdaw di William Plomer). La sua adattabilità, la sua varietà di luoghi di nidificazione e di riposo (alberi, campanili, edifici in pietra, rupi, scogliere) e la sua alimentazione molto varia (insetti, chiocciole e altri invertebrati, frutta, semi e granaglie, piccoli roditori, briciole e avanzi, ecc.) riescono a far sopravvivere questa specie in svariati ambienti anche in quelli antropici. Si nutre nei prati e generalmente sul terreno ma è anche un importante “controllore” della popolazione di Piccioni che vengono scacciati come intrusi, se nidificano all’interno di colonie di taccole, grazie alla coalizzazione di quest’ultime. Controllore e non distruttore poiché per un equilibrio naturale di mutua convenienza un predatore non estingue mai la sua preda (a meno che non intervenga negativamente l’azione dell’uomo) e quindi si limitano solo al prelievo di una parte del surplus della popolazione di Piccioni. Fedeli per tutta la loro vita (circa 7 anni) il maschio e la femmina restano uniti anche quando si aggregano allo stormo invernale e svolgono, insieme agli altri adulti che lo compongono, un’insostituibile ruolo educativo verso i piccoli ed i giovani che riescono a riconoscere i predatori ed i pericoli solo attraverso l’apprendimento e l’esperienza del gruppo e non per istinto innato come avviene in altre specie di uccelli.

Dal caratteristico tchak-tchak passiamo all’inconfondibile kraa della Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) un corvide più grande della specie precedente: può raggiungere i 50 cm di lunghezza (dalla testa alla coda), un metro di apertura alare e i 580 grammi di peso. Adattabile come la Taccola, anche questa specie frequenta una grande varietà di ambienti (compresi i coltivi) ma devono avere come caratteristica indispensabile la presenza di alberi da utilizzare come dormitori notturni o per la nidificazione. Il maschio e la femmina, anch’essi monogami come tutti i corvidi, possiedono una colorazione simile: becco robusto, testa, parte anteriore del collo, ali, coda e zampe nere con nuca, dorso, spalle e parti inferiori grigie. L’alimentazione di questa specie è simile a quella della Taccola ma non disdegna di nutrirsi anche di carogne.

Claudio Eliano, filosofo e scrittore naturalista greco, nell’opera moralistica “Sulla natura degli animali” elegge la Cornacchia a simbolo di fedeltà e narra di aver sentito dire che gli antichi, durante la cerimonia nuziale, cantavano “Il canto della cornacchia” in onore dei novelli sposi come augurio di fedeltà reciproca e per la fortuna della loro futura prole. In Grecia, infatti, era l’uccello sacro alla dea Atena, prima della Civetta, ma fu punito e sostituito da quest’ultima per la troppa fedeltà dimostrata alla dea poiché le riferì di un affronto che aveva scoperto spiando e quindi venne degradata come monito per gli altri uccelli a non parlare troppo.

Queste due specie raramente passano inosservate e, nonostante la loro intelligenza ed il loro simbolismo positivo, sono visti dall’uomo moderno in termini negativi incutendo ancora timore e disprezzo, come se vivessimo ai tempi dei Celti quando venivano indossate armature e elmi raffiguranti i corvi (persino con ali mobili) per distrarre e terrorizzare i loro nemici… l’effetto era assicurato dato che anche allora si faceva affidamento sui pregiudizi, l’ignoranza e le superstizioni che sono  la causa principale della chiusura di mente e cuore.

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”

I Corvidi ciarlieri